Archivi del giorno: novembre 19, 2010

Alfa-alfa. Erba medica

Alfa-alfa, detta anche erba medica. Rinforza unghie e capelli. Contiene saponosidi, eterosidi, proteine.

Le parti aeree contengono anche cumestrolo (la cui struttura è simile a quella dell’estradiolo, ha proprietà estrogene). Queste sostanze naturali ormono-simili vanno direttamente a regolarizzare la produzione ormonale naturale del corpo.

Le foglie contengono cumestani, isoflavoni, acidi fenolici, minerali (calcio, fosforo, zinco, rame, selenio, silicio) e vitamina K.

L’alfa alfa o erba medica è una pianta erbacea perenne. Essa è stata per millenni il segreto della longevità di alcuni animali per l’alto contenuto in minerali, vitamine, proteine ed enzimi. Il sistema a radici profonde dell’erba medica permette alla pianta di assorbire sostanze nutritive dal profondo del suolo. Questo sistema di nutrizione profonda fornisce alla pianta proteine (possiede il 18% di proteine, 5% in più delle uova e 15% in più del latte) , beta carotene, vitamine, minerali, enzimi, cumestrolo, isoflavoni e fitoestrogeni, e gli alcaloidi asparagina e trigonellina.

Grazie alla ricchezza di elementi indispensabili alla vita, vitamine, minerali, aminoacidi ed oligoelementi, viene apprezzata per rivitalizzare un organismo affaticato, ma anche per rinforzare unghie e capelli.

La pianta è una ricca fonte di clorofilla – la maggiore a livello commerciale. L’erba medica, insieme con l’orzo, il frumento, e la spirulina, che contengono pure clorofilla, hanno dimostrato di essere d’aiuto nella guarigione dell’anemia, delle emorragie, del diabete, della gastrite, delle ulcere, dei disordini del colon, del cattivo odore e alito cattivo.

* mineralizzante – ricca di minerali come fosforo, Silicio, Sodio, Potassio, Calcio, Magnesio, Boro, Ferro, Manganese, Rame, Cobalto

* vitaminica e nutritiva – ricca di vitamine – contiene le vitamine A, Beta-carotene, B1, B2, B3, B5, B6, B8, B12, C, D, E, K, Acido Folico, PIRIDOSSINA, una delle vitamina del complesso B, e di vitamina E, importante per i muscoli e per il cuore, e’ considerata come una delle fonti piu’ affidabile di vitamina E, inoltre e’ ricca di vitamina K, anche contro l’ipertensione

* ricca di aminoacidi (le basi per costruire le proteine nell’organismo) che ne fanno un anabolizzante naturale

* usata per prevenire l’invecchiamento precoce, prevenire l’arteriosclerosi, antidegenerativa – inoltre l’impiego di questa pianta nell’osteoporosi come rimineralizzante è suggerito dalla presenza di fitoestrogeni (cumestrolo) e di sali minerali: Ca, P, Fe, Zn, Cu, Se, Si

* tonica sessuale

* aumenta la resistenza alle malattie

* estrogenica – regola la produzione ormonale femminile

* promuove la funzione della ghiandola pituitaria – una ghiandola posta alla base del cervello e collegata all’ipotalamo, da cui riceve importanti segnali neurali e vascolari; la parte anteriore rilascia diversi ormoni sotto il controllo dell’ipotalamo, e la parte posteriore (neuroipofisi) immagazzina e rilascia gli ormoni sintetizzati nell’ipotalamo

* trofica-ricostituente – agisce sul sistema endocrino e sulla funzione ormonale grazie alla sua abilità di rafforzare la crescita e ristabilire la funzione di un tessuto, un organo o una ghiandola

* antiemorragica – agisce sul sistema immunitario grazie alla sua abilità di prevenire o arrestare le emorragie – azione dovuta alla presenza di vitamina K – L’Erba Medica contiene ben “20. 000 -40. 000 U. I. di vitamina K naturale. Questa sostanza serve a proteggere dalle emoraggie ed a far coagulare il sangue , specie nei casi di ridotto tenore protrombinico e viene usata anche per frenare mestruazioni abbondanti e nei casi cronici di sangue dal naso.

* eupeptica – favorisce la digestione

* disintossicante e depurativa -agisce sul fegato e sul sistema di disintossicazione grazie alla sua abilità di purificare il sistema, particolarmente il sangue, promuovendo l’eliminazione di scorie.
Le proprietà pruificatrici del sangue dell’erba medica sono state attribuite al suo alto contenuto di clorofilla. In effetti, sono probabilmente dovute non solo alla clorofilla ma anche a vari altri componenti. Agisce così come tonico generale rimuovendo tossine dal sangue. Alcalizza e disintossica il corpo, soprattutto il fegato.

 * antiulcerosa – agisce sul sistema digerente grazie alla sua abilità di prevenire e/o trattare ulcere, di solito ulcere delle mucose (stomaco e intestino)

* antiartritica – usata per curare atrite e reumatismi

* anti-infiammatoria – agisce sul sistema immunitario grazie alla sua abilità di contrastare le infiammazioni. L’erba medica è stata usata per secoli nella medicina popolare come cura per tutte le infiammazioni, inclusi i remuatismi e l”artrite.

* diuretica – agisce sul fegato e sui sistemi di disintossicazione grazie alla sua abilità di aumentare la secrezione di urina, e l’eliminazione di tossine e scorie attraverso l’urina

* antiossidante – previene i danni alle cellule inibendo l’ossidazione e intrappolando i radicali liberi – grazie all presenza di Manganese, Rame e Zinco – protegge così lo sviluppo di tessuti sani

* ipoglicemizzante – agisce sul sistema endocrino e sulla funzione ormonale grazie alla sua abilità di ridurre o controllare gli zuccheri nel sangue, responsabilità che spetta principalmente al pancreas. Cura quindi l’iperglicemia, grazie alla presenza degli alcaloidi asparagina e trigonellina.

* anticolesterolemizzante -riduce il colesterolo (grazie alla presenza di saponine) – agisce sul fegato e sui sistemi di disintossicazione grazie alla sua abilità di abbassare il colesterolo sia nel sangue che nel fegato. Azione confermata da diversi studi clinici su cavie animali, nelle quali riduce anche la formazione di placche arteriosclerotiche . L’azione è dovuta alla presenza delle saponine triterpenoidiche, responsabili dell’attività colesterolasica dove viene ridotto notevolmente il colesterolo totale e il colesterolo LDL. Il principale aglicone di questi saponosidi è l’Acido medicagenico accompagnato dagli Acidi 16-a-idrossimedicagenico e gipsogenico, ai quali si deve, anche, la capacità della pianta di curare alcune forme eczematose e la psoriasi.

Grazie alla blanda azione antitrombosi derivata dai derivati delle cumarine, l’erba medica aiuta il sistema circolatorio.

Il nome arabo “alfa-alfa” significa padre di tutti i cibi.

L’erba medica e’ stata impiegata per anni come alimento per gli animali erbivori, solo da poco viene impiegata anche come alimento umano, e’ un legume come i fagioli e i piselli, di questa pianta si consumano sia i semi che le foglie che lo stelo. E’ una delle piante piu’ antiche della famiglia dei legumi, la sua storia e’ antica di millenni, sembra accertato che la ricchezza dei suoi valori nutritivi risieda nel fatto che le sue radici scavano profondamente il terreno, alla ricerca dei MINERALI sepolti sotto la radice del suolo. Le sue radici sono lunghe in media dai 3 ai 6 metri, e si ha anche notizia di radici eccezionalmente lunghe fino a 39 metri. E’ una pianta perenne, cresce

L’erba medica riduce inoltre la sintomatologia dolorosa nelle affezioni reumatiche e nella artrosi.
 CONTROINDICAZIONI, non far assumere in concomitanza con una terapia ormonale, far attenzione per la presenza di cumarine e vitamina K, se si assumono farmaci anticoagulanti, sconsigliata in gravidanza e allattamento, sconsigliata a chi ha il Lupus Eritematoso sistemico. Somministrare con cautela  ai Diabetici.(solo sotto controllo medico).

Si possono far germogliare direttamente a casa…

Scoperto un gene del dolore umano

Il segreto del dolore potrebbe essere svelato dal genoma dei moscerini della frutta. Da tempo è noto come la sofferenza dipenda da alcuni geni e che, per questo, sia determinata anche da una componente ereditaria. Fino ad oggi però erano davvero poche le informazioni a disposizione per identificare con precisione i “geni del dolore”. La scoperta arriva a un’equipe di studiosi dal Children’s Hospital di Boston (Stati Uniti) che, mentre provava a rintracciare questi geni mappando il Dna dei moscerini, ne ha identificato uno che più degli altri controlla la sensibilità al dolore cronico e acuto. Lo studio, pubblicato sulla rivista Cell, è importante perché potrebbe aprire le porte a nuovi analgesici per le terapie del dolore. I ricercatori, coordinati da Clifford Woolf, hanno lavorato su quasi 12.000 geni, ricercando soprattutto le mutazioni che riguardavano le cellule nervose. Per farlo hanno usato la tecnologia dell’RNA interference (RNAi). In un primo momento hanno esposto i moscerini a un calore nocivo; in questo modo il team è riuscito a identificare tutti quelli che non erano in grado di volare via. Alla prima scrematura ne è seguita una seconda: sono stati eliminati gli insetti con altre complicazioni, compresa la cecità. Alla fine il team ha isolato i moscerini con mutazioni che erano apparentemente specifiche del dolore. A quel punto, i geni da mappare da 12mila sono diventati 600. Tra questi, gli scienziati ne hanno selezionato uno, chiamato “alfa2 delta3, che è in grado di garantire il funzionamento dei canali del calcio, le “vie” che le cellule nervose sfruttano per avviare la propria eccitabilità elettrica. E hanno verificato che dalla variazione di questo gene dipende la capacità di controllare il dolore. La relazione tra Dna e dolore è stata confermata anche da un esperimento sui topi. Grazie a una risonanza magnetica funzionale, una sorta di scansione del cervello, i ricercatori hanno rilevato che le cavie dotate di questo gene, proprio come i moscerini, una volta esposti alla fonte di calore riuscivano a controllare la sofferenza. In altre parole il segnale del calore arrivava al cervello, senza però toccare i centri superiori del dolore, quelli che sono al livello della corteccia. Il passo successivo era quello della verifica sull’uomo. Così il team del Children’s Hospital, guidato stavolta da Michael Costigan, ha ripetuto l’esperimento su 189 volontari sani. Come? Con il test del calore, verificando nuovamente se al controllo del dolore corrispondesse anche una variazione del Dna, all’interno o vicino al gene “alpha2 delta3”. Un’ulteriore conferma è arrivata poi da un altro esame su 169 pazienti, tutti in cura per il dolore causato da ernie ai dischi vertebrali. I ricercatori hanno dimostrato che era possibile prevedere che i pazienti con questa variazione genetica non soffrissero di un insistente dolore cronico. “Questo studio servirà per comprendere le basi genetiche del dolore – spiega Clifford Woolf, co-autore dello studio – che porteranno allo sviluppo di nuovi analgesici, all’identificazione dei fattori di rischio per il dolore cronico e al miglioramento del processo decisionale circa l’idoneità del trattamento chirurgico per i diversi pazienti”. (fonte Repubblica)

L’Acetosa

In passato l’Acetosa (Rumex acetosa L.) veniva impiegata nella cura dello scorbuto che colpiva le persone con una alimentazione carente di vitamina C. Tuttavia questa pianta può causare avvelenamento se consumata in dosi eccessive ed in particolar modo se viene bevuto il succo fresco.

La pianta è ricca di ossalato di calcio che è appunto la sostanza che le dà quel sapore acidulo. Contiene inoltre una grande quantità di vitamina C.

Le foglie alleviano le punture dell’ortica, mentre il succo toglie le macchie di ruggine, di muffa, di inchiostro da lenzuola, mobili di vimini e argento; esercitano, inoltre un’azione digestiva e rinfrescante.

Le radici, invece, estratte in autunno dal terreno, poste in infusione o decotto, producono effetti lassativi e diuretici.

Per il loro alto contenuto di calcio e sali minerali, l’acetosa è sconsigliata a chi soffre di calcoli renali, gotta, reumatismi e iperacidità gastrica.

E’ una pianta depurativa, diuretica, con forte potere mineralizzante. È utile nella cura di molte patologie del fegato, dell’acne e della stipsi.

Le foglie dell’acetosa possono venire mangiate come fossero spinaci, cioè dopo averle lessate, oppure possono venire aggiunte alle minestre. Un accorgimento per rendere questa verdura più gradita consiste nel cambiare l’acqua, una volta, durante la cottura, in modo da ridurre il tipico sapore acidulo. Le foglie tenere possono anche venir mangiate crude in insalata.

Un impacco di foglie fresche, sminuzzate e stese sulla pelle del viso, chiude i pori dilatati e fa scomparire i cosiddetti “punti neri”.